Milano - Senza limite di spesa. Il «grande
orecchio» ascolta, il ministero paga. È il
mercato delle intercettazioni. Un pozzo
senza fondo. Nel quale il fondo, però, non è
uguale per tutti. Nel labirinto delle
intercettazioni, in pochi fanno affari. Agli
altri, le briciole. E gli affari - per chi
vende tecnologia alla Giustizia - si fanno a
Milano. Un cartello di aziende. Sono quattro
a spartirsi una torta da 35 milioni di euro
l’anno. Ottime credenziali e qualche
«spintarella». Un canale preferenziale per
aggiudicarsi il contratto su molte delle
indagini svolte dalla Procura del capoluogo
lombardo. Formalmente in concorrenza tra
loro, le quattro ditte sono di fatto
allineate sulla stessa offerta. Un listino
prezzi che è fino a cinque volte più salato
che in altri distretti omogenei. A Roma o
Napoli, registrare una telefonata costa
cinque euro al giorno. A Milano, anche 25.
Non c’è partita. Nella capitale, per ridurre
i costi la Procura ha stilato un tariffario.
Ottiene l’incarico solo chi resta entro i
limiti di spesa: 9 euro e 50 centesimi al
giorno per un’intercettazione ambientale su
un veicolo, 19,50 per un localizzatore gps,
da 44 a 129 per la videosorveglianza, e -
appunto - 5 euro per una linea telefonica.
Niente di tutto questo a Milano, dove la
tabella dei prezzi la fanno quattro aziende:
«Radiotrevisan», «Sio», «Area», «Rcs». Il
Giornale ha letto i contratti sottoposti
agli uffici della Procura. Risultato, la
gara al ribasso è pressoché inesistente.
«Radiotrevisan», infatti, offre servizi di
registrazione di utenze telefoniche fisse,
mobili o internazionali e registrazioni
ambientali a 17 euro al giorno più Iva a
«bersaglio», definizione tecnica per
indicare le utenze messe sotto
intercettazione. «Rcs» vende i propri
servizi per le utenze intercettate in
ascolto locale e remoto a un canone
giornaliero di 18 euro Iva esclusa. «Area»,
come proposta riservata agli uffici
giudiziari milanesi, si attesta sui 19 euro
e 90 giornalieri (più Iva) per ogni
bersaglio. «Sio», per il sistema chiamato
«Integra», vende a 19 euro a
intercettazione, «incluse remotizzazioni».
Offerte standardizzate e nessun vantaggio in
termini di riduzione della spesa pubblica.
La scelta è affidata alla sensibilità del
sostituto procuratore, tenuto a firmare
l’incarico. È il magistrato, quindi, che
decide se accettar o andare a «caccia» di un
listino più vantaggioso tra le pieghe di un
mercato che almeno in Lombardia ha messo
all’angolo le imprese più piccole. A Roma,
Catania e Torino per risparmiare la Procura
affitta a sue spese le schede Sim che fanno
funzionare le cimici. A Milano no.
Si parla di decine di migliaia di
intercettazioni ogni anno. Spesso
fondamentali per venire a capo di complicate
inchieste, ma pagate anche quando - è il
caso, ad esempio, di alcune telefonate
contenute nelle inchieste Hdc e Antonveneta
- sono state distrutte perché considerate
«non utilizzabili» o «non penalmente
rilevanti». Una spesa che a Milano è in
crescita, nonostante il ministero della
Giustizia abbia imposto un giro di vite per
ridurre i costi. Così, dai 31 milioni del
2006 si è passati a quasi 36 milioni del
2007, incluso il noleggio delle
apparecchiature. Una tendenza in contrasto
con l’andamento di altri distretti
considerati omogenei rispetto a quello
meneghino. A Napoli, ad esempio, si è
passati da oltre 14 milioni a meno di 12. A
Roma, da 7 milioni e mezzo a 4 milioni e
800mila euro. Solo a Palermo, con 46 milioni
per 4.800 intercettazioni telefoniche e
9.785 «bersagli» ambientali, è andata
peggio. Ma Palermo, è noto, fa storia a sé.
L’anomalia milanese non si spiega. Ancora di
meno, tenendo conto che se fossero stati
applicati i tariffari di Roma la Procura
lombarda avrebbe potuto risparmiare - nella
migliore delle ipotesi - anche 25 milioni
per il 2007. Non si tratta di spiccioli. In
un tribunale in cui manca la carta, si fa a
gara per una stampante che funzioni, e un
magistrato su due non ha un codice
aggiornato, si tratta di ossigeno. |